Prima dell’entrata in vigore della Legge n. 164/1982, non era lecito eseguire interventi chirurgici di riassegnazione di sesso diverso da quello di nascita. Solo con la promulgazione della suddetta legge viene dunque finalmente riconosciuto il diritto dell’individuo alla rettificazione di attribuzione di sesso e viene altresì introdotto e disciplinato un procedimento speciale ad hoc. In virtù di tale legge la rettificazione si eseguiva in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuiva ad una persona un sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita, solo a seguito di interventi chirurgici di riassegnazione demolitori e ricostruttivi.
Solo nel 2015, la Corte Costituzionale, ha statuito che la L. 164/82 deve essere interpretata nel senso che il trattamento chirurgico modificativo dei caratteri sessuali primari non costituisce più un prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione, ma è solo un possibile mezzo, rimesso alla libera volontà del soggetto, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico, riconoscendo in tal modo il diritto all’identità di genere, come espressione del diritto all’identità personale a prescindere dalla realizzazione di un intervento chirurgico.